La rabbia e la solitudine dei nostri ragazzi: la politica deve sentirsi in colpa
Ho provato a guardare alle scene degli scontri fra studenti e polizia a Roma come padre, come politico, come giornalista. Come padre, o nonno, mi sono angosciato di fronte a questa rabbia ribelle che ha spinto decine di migliaia di ragazzi per le strade nel tentativo di cingere di assedio e persino di assaltare i palazzi della politica. Negli scontri sono stati coinvolti poche centinaia di giovani ma si è capito che gli altri solidarizzavano. E’ una generazione che ha poco e che soprattutto teme di avere niente. Esclusa da tutto, tranne che dal consumismo, vede avvicinarsi la data in cui si iscriverà in massa all’esercito dei senza lavoro.
Capisco la loro rabbia. Noi eravamo meno incazzati ai nostri tempi perché il futuro ci apparteneva. Sapevamo che avremmo fatto gli insegnanti, gli ingegneri, i medici, i funzionari di banca, che avremmo avuto una casa e una famiglia. Loro non sanno niente, anche quelli che vengono da famiglie che non se la passano male. La politica li esclude avvolta nella propria autoreferenzialità e spesso, basti pensare a Berlusconi, nei propri modelli irraggiungibili dello spreco e della mancanza di morale. Come padre ero con loro.
Sembra contraddittorio, ma gli stessi sentimenti me li suggerivamo quei ragazzi in divisa, insultati, derisi, assaltati per poche lire, guidati da una classe dirigente che si fa scortare nelle feste o per le strade delle città d’Italia. Anche loro mi facevano sentire padre infelice di una generazione che vede le ragioni collocate sia nell’una sia nell’altra parte.
Anche quelli che stavano al governo erano attenti. Ricordo le riflessioni di Aldo Moro sul ’68, la disponibilità al dialogo del Partito socialista. Oggi non è così. Ministri che sono stati facinorosi in gioventù, penso a La Russa e Alemanno, fanno la lezione a questi ragazzi mentre loro bivaccano nelle stanze del potere fortunosamente conquistato. La politica deve sentirsi in colpa verso questi ragazzi e verso quelli in divisa che affrontano al posto di ministri e parlamentari la rivolta giovanile.
I ragazzi sono solo l’avanguardia di altri movimenti sociali che la crisi porterà per le strade forse con le stesse modalità. La politica batta un colpo, chiami a raccolta, si faccia vedere, abbia il coraggio che portò Lama a rischiare la vita in una Università che lo respinse dimostrando tuttavia che c’erano nel paese leader che non si nascondevano. Mi viene tuttavia in mente una frase terribile che disse Giorgio Amendola ai quadri comunisti riuniti all’Aquila : “Talvolta mi chiedo se siamo all’altezza di questo popolo”. So che oggi la risposta è negativa, so che molti sono già occupati a fare le liste per entrare o per restare. I ragazzi, parte integrante di questo popolo che non ne può più, sono praticamente soli.