“Mamma, comando io: voglio i soldi da tuo nipote, altrimenti lo denuncio”
Le intercettazioni tra Bernardo Curto, ritenuto il capo del gruppo, e la madre: "Giuseppe Leone e Rocco Nisi devono aiutarmi a pagare l'avvocato". Incastrato anche dall'antifurto Gps che lui stesso aveva installato. Mistero su una pistola e 20 proiettili, caccia ai complici
BRINDISI – “Io comando: mamma devi dire a quello, a tuo nipote, che lui e l’altro mi devono dare i soldi perché devo pagare l’avvocato per il ricorso al Riesame. Altrimenti li denuncio e dico che anche loro stavano con me alle rapine”.
Quei dialoghi da un lato mostrano che la madre dell’indagato fosse a conoscenza di tutto, dall’altro evidenziano il coinvolgimento di altre persone, più esattamente di Giuseppe Leone, cugino materno, e Rocco Chirico, ai quali il messaggio di Curto sarebbe rivolto per ottenere il denaro necessario al pagamento della parcella del penalista al quale era stato chiesto di presentare ricorso al Riesame per ottenere almeno i domiciliari.
Gli arresti a casa non sarebbero stati la stessa cosa della detenzione in carcere, stando a quando sostenuto da Curto: “In cella almeno parlo con i miei amici”, avrebbe detto. Il retroscena è emerso nel corso della conferenza stampa di oggi in Procura.
A Curto così come a Rocco Chirico, l’ordinanza è stata notificata in carcere, dove peraltro il 19 maggio scorso è stata notificato il dispositivo della sentenza di condanna alla pena di quattro anni di reclusione, al termine del processo con rito abbreviato in relazione al furto con strappo consumato il 9 settembre 2015. Uno dei 14 episodi contestati nel provvedimento di arresto che si riferisce ad un arco temporale di appena venti giorni.
“Dopo tre rapine commesse a San Vito dei Normanni, Cellino San Marco e Mesagne, i due – Curto e Chirico – erano entrati in una gioielleria di Francavilla Fontana, dove erano stati fermati dai carabinieri”, si legge nel paragrafo in cui il gip descrive la personalità degli indagati e i ruoli rivestiti.
“Non vi è dubbio che un ruolo di primo piano, nell’ambito dell’organizzazione sia quello di Curto il quale da un lato, pur prendendo parte a tutte le azioni delittuose, solo raramente si espone in prima persona, mentre sono quasi sempre i complici ad aggredire le anziane, e dall’altro pretende un contributo in denaro per pagare le spese legali”, scrive il gip. “Di fronte alle resistenze di Leone e Curto, non avrebbe esitato a denunciarli per le numerose rapine commesse.
“Emerge anche che Curto avrebbe dovuto ricevere mille euro da Leone al quale doveva dare ‘quella cosa’ e che comunque non avrebbe avuto difficoltà, uscito dal carcere, a procurarsi denaro”. Non solo. E’ emerso anche che “Bernardo Curto aveva nascosto una pistola e venti proiettili proprio nell’auto usata per commettere le rapine, arma che riusciva verosimilmente a fare sparire, grazie alla complicità di persone non identificate, mentre la vettura era in sequestro”. L’arma non è stata mai trovata, la caccia ai complici va avanti.