“Atti sessuali sui chierichetti: quel sacerdote sensibile al fascino maschile”
Depositate le motivazioni della sentenza di condanna a tre anni e otto mesi di don Giampiero Peschiulli, ex parroco della chiesa di Santa Lucia, processato con rito abbreviato: "personalità deviata". La difesa in appello: "Assoluzione perché il fatto non sussiste". Il prete è ai domiciliari in una comunità terapeutica
BRINDISI – “I baci, gli abbracci, le carezze e i toccamenti ai chierichetti sono espressione di una personalità deviata del sacerdote, sensibile al fascino maschile: quel prete ha abusato dell’autorità morale e religiosa dell’essere il parroco della chiesa di Santa Lucia e della Santissima Trinità di Brindisi”.
Il primo giudice ha rimarcato quanto evidenziato già nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tea Verderosa, secondo la quale il “movente della condotta del parroco è da ascrivere alla sfera di eccitazione sessuale” e gli atti “venivano imposti o poco prima di servire la messa o dopo averlo fatto”. Stando a quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, gli “atti sessuali sono consistiti nel dare al ragazzo baci sulle guance, nel farsi baciare lui stesso sulla guancia, nell’abbraccio dopo averlo tirato a sé con la forza, nel dargli la mano incrociando le sue dita con quelle della mano del ragazzo, nell’accarezzargli le braccia e le gambe, nell’infilare la sua mano nei pantaloni”. Episodio quest’ultimo che secondo il gup è effettivamente avvenuto, così come ha ricordato il chierichetto “mentre si accingeva a prelevare calici e paramenti sacri.
Il parroco ha sempre respinto le accuse, anche davanti alle immagini registrate dalle telecamere de Le Iene, la trasmissione di Mediaset. Il servizio venne firmato dall’inviato Giulio Golia che a Brindisi arrivò con alcuni attori per incontrare il sacerdote dopo aver ricevuto una mail tra aprile e maggio 2014, nella quale una “persona residente in città riferiva di essere stata vittima di avance sessuali di Peschiulli”. Le Iene lo chiamarono il prete “pomicione”. Quando tornarono per chiedere spiegazioni lui si chiuse in sacrestia e chiamò il 112, mentre su Facebook si registrò una valanga di commenti.
Anche in udienza, davanti al gup, il parroco spiegò di aver dimostrato solo il proprio affetto. La difesa, affidata all’avvocato Roberta Cavalera, chiede l’assoluzione per non aver commesso il fatto e ha depositato il ricorso in appello: secondo il penalista è “aberrante” il movente, sono contraddittorie le testimonianze e la sentenza è carente di motivazione. In subordine, ha chiesto l’esclusione delle aggravanti, il riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità.
A giudizio del penalista le confidenze che uno dei due ragazzi ha fatto a una professoressa “ trovano parziale smentita nella parola di quest’ultima”, per cui ci sarebbero “circostanze di fatto che rendono non credibile il racconto del ragazzo, portatore, unitamente ai propri genitori, di un consistente interesse economico, confluito nella richiesta risarcitoria, che impone una attenta valutazione delle sue dichiarazioni avuto riguardo ad entrambi i profili della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto”.
“Il teste riferisce di saluti, abbracci e baci sulle guance che il parroco dispensava sia sull’altare appena terminata la messa che durante lo svolgimento della catechesi, palesando una diffusività di un comportamento in presenza (da un lato) dei genitori e dei fedeli ancora radunati in chiesa e (dall’altro) delle catechiste”. Ma per l’avvocato Cavalera tali “dichiarazioni sono categoricamente smentite sia dalle catechiste che da tutti gli altri ragazzi sentiti in occasione delle indagini preliminari”.
Nel ricorso ai giudici d’Appello, il difensore ha ricordato che “neppure la psicologa nominata dal pubblico ministero ha individuato indici rilevatori di disagio e di una compromissione della corretta evoluzione psicologica” dei ragazzi. E, in ultimo, ha evidenziato che don Giampiero Peschiulli “segue con impegno e assiduità il percorso terapeutico somministrato per far fronte alle specifiche problematicità”. Spetta, quindi, alla Corte d’Appello di legge esprimersi sul caso dell’ex parroco della chiesa di Santa Lucia.