Rapina nella gioielleria a Bari, condannati tre ragazzi di Brindisi
Cinque anni e quattro mesi per Emanuele Taurisano, cinque anni e dieci mesi per Davide Piliego e Raffaele Iaia. Presero a martellate le vetrine, restarono a piedi per un problema all’auto: incastrati dal Dna
BRINDISI – A distanza di un anno dalla rapina consumata nella gioielleria Sarni Oro del centro commerciale La Mongolfiera di Bari, sono stati condannati tre ragazzi di Brindisi: cinque anni e quattro mesi sono stati inflitti a Emanuele Taurisano, cinque anni e dieci mesi a Davide Piliego e Raffaele Iaia. Per l’accusa, imbastita sul profilo genetico, presero a martellate le vetrine, ma restarono a piedi per un problema all’auto.
La sentenza
La difesa
Piliego, 27, Iaia, 24 anni e Taurisano, 21 anni, furono arrestati il 4 febbraio scorso e sono ancora ristretti in carcere per la rapina consumata il 7 giugno 2018. Bottino del valore di quasi 60mila euro (59.268). Non appena saranno depositate le motivazioni, i difensori presenteranno ricorso in Appello.
Per rogatoria, dinanzi al giudice di Brindisi, tutti e tre decisero di avvalersi della facoltà di non rispondere, ma Iaia e Taurisano, rilasciarono dichiarazioni spontanee, ammettendo gli addebiti per poi precisare di non sapere dove fosse finito il bottino. Dissero, infatti, che i gioielli erano stati abbandonati in una zona campagna, alle porte di Cellamare, più o meno vicino al punto in cui la loro auto si fermò. Forse per un guasto al motore, stando a quanto ipotizzato i carabinieri
Il Dna e le tracce di sudore
Nell'abitacolo i carabinieri trovarono guanti e passamontagna sui quali riuscirono a isolare tracce di sudore. Il profilo genetico venne ricavato su cappello e guanti, per Iaia; su una manica di un maglioncino forato all’altezza degli occhi e della bocca e usato come passamontagna per Taurisano e su un guanto per Piliego.
Il quarto uomo, la fuga e la richiesta di un passaggio
In libertà rimase e resta almeno un quarto ragazzo, ritenuto componente del gruppo, nel ruolo di “autista”, di Brindisi anche lui. Dalla ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Triggiano, emerse che i quattro fuggirono a bordo di una Giulietta Alfa Romeo, risultata rubata a Brindisi il 2 maggio 2018. I ragazzi furono costretti ad abbandonarla.
Si trovarono in una zona di campagna in agro di Cellamare. A quel punto decisero di chiedere aiuto a un pensionato che videro nel giardinetto di una villetta. Chiesero un passaggio, disse lui ai carabinieri. Fu il nipote che era in casa a telefonare ai militari. L’anziano non si fidò dei quattro. Il nipote neppure e per questo decise di raggiungere gli uffici per raccontare quanto era successo poco prima.
La fuga in autobus
I quattro, proseguendo a piedi, riuscirono a raggiungere la fermata di un autobus poco distante. Qui i carabinieri, già in allerta per la rapina avvenuta circa un’ora prima, effettivamente videro quattro ragazzi. Uno del gruppo, accortosi dei militari, si allontanò riuscendo a salire su un bus per Bari. Gli altri invece furono fermati dai carabinieri e sottoposti a perquisizione. Addosso non aveva nulla. Neppure i documenti di riconoscimento e furono portati negli uffici del comando: “Calzini e scarpe sporchi di terreno”.
Il finto incontro con delle ragazze
Ai carabinieri fornirono le proprie generalità e dissero di essere arrivati a Cellamare da Brindisi per “incontrare delle ragazze conosciute sul web”, ma che “all’appuntamento” si sarebbero presentati dei ragazzi che li “aggredivano con pugni e calci”. Nessun livido venne riscontrato dai carabinieri. I tre, alla fine, riuscirono a rientrare a Brindisi.
Il 7 giugno, attorno alle 21, venne trovata l’auto con i quattro sportelli aperti: “all’interno un anello con la targhetta Sarni Oro, scaldacollo, passamontagna e guanti”. A terra “numerosi gioielli” poi riconosciuti come quelli rubati nel punto vendita della galleria commerciale.
Il telefonino
C’era anche un telefonino cellulare intestato a un uomo di nazionalità straniera: i tabulati evidenziarono una serie di contatti con una utenza in arrivo e in partenza proprio la mattina della rapina, con aggancio delle celle lungo il tratto Brindisi-Bari. Anche questo grave indizio di colpevolezza, scrisse il gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.