Il chiostro della vecchia questura torna al suo splendore: riapre l'ex convento
Le celle carcerarie avevano preso il posto del refettorio. Gli archi erano stati murati. Degli affreschi sembrava si fosse persa ogni traccia. Il chiostro di piazza Dante, sede fino al 1995 della vecchia questura, è tornato al suo originario splendore. L'ex convento francescano è stato inaugurato stamani dopo il restauro
BRINDISI – Le celle carcerarie avevano preso il posto del refettorio. Gli archi erano stati murati. Degli affreschi sembrava si fosse persa ogni traccia. Il chiostro di piazza Dante, sede fino al 1995 della vecchia questura, è tornato al suo originario splendore. I risultati dei lavori di restauro, consolidamento e recupero ai quali l’edificio è stato sottoposto in questi anni possono finalmente essere ammirati da tutta la cittadinanza.
L’ex convento è stato inaugurato stamani (8 ottobre) dal commissario straordinario della Provincia, Cesare Castelli, giunto ormai a fine mandato.
Il chiostro era parte del complesso conventuale di San Paolo Eremita, realizzato nel quattordicesimo secolo. Circondato da giardini, sorgeva su uno dei promontori più verdeggianti del litorale brindisino, con vista sul Seno di Ponente. Fino all’alto Medioevo, in quello stesso sito si ergeva la così detta “Domus Margariti”: residenza del grande ammiraglio Margarito, fedelissimo dei Re Normanni di Sicilia.
Nei primi del 1200, il complesso ospitava la banca di Stato e la zecca. Nel 1284, il comprensorio fu ceduto ai frati minori conventuali di San Francesco da Carlo D’Angiò. La chiesa di San Paolo Eremita, annessa al convento, fu completata fra il
Impresa non facile se si considera che la destinazione d’uso del complesso è mutata più volte nel corso del 1900. Nel 1927 divenne sede della prefettura e fu sottoposto a una serie di lavori di ampliamento. Successivamente
Da allora, l’ex convento è rimasto pressoché inutilizzato. “Il chiostro – spiega l’architetto Cipparone – era sommerso da sovrastrutture. Abbiamo recuperato una fontanella del 1500 in un ambiente in cui passavano i tubi della prefettura”. Durante i lavori di restauro (eseguiti in due diverse fasi), sono emersi anche alcuni frammenti della decorazione parietale. Ma non finisce qui. Perché “l’opera – come spiega il commissario Castelli – non è ancora completa, ma bisogna avere il coraggio di riportare alla luce delle bellezze che con i portoni chiusi resterebbero sconosciute ai più”.