"In materia ambientale non abbiamo né strumenti né mentalità, quindi la lotta è più difficile"
Milto Stefano De Nozza, il sostituto procuratore della Repubblica di Brindisi, in un colloquio sulle Ecomafie con i cittadini di San Pietro Vernotico, per lo più genitori della scuola elementare paritaria Sacri Cuori, ha toccato diversi argomenti che riguardano da vicino il territorio brindisino
SAN PIETRO VERNOTICO – La Centrale Enel Federico II e i filtri ai caminetti di Torchiarolo, l’Ilva ma anche la raccolta differenziata e gli assenteisti dell’Asl che sono ancora al loro posto nonostante siano imputati. Lo sversamento illecito di rifiuti nelle campagne che spesso resta un reato impunito. Milto Stefano De Nozza, il sostituto procuratore della Repubblica di Brindisi, in un colloquio sulle Ecomafie con i cittadini di San Pietro Vernotico, per lo più genitori della scuola elementare paritaria Sacri Cuori, ha toccato diversi argomenti che riguardano da vicino il territorio brindisino, riuscendo a mantenere sempre alta l’attenzione del pubblico, giunto anche da Torchiarolo.
L’incontro, organizzato dall’Aneb (Associazione nazionale educatori emeriti) si è svolto lunedì 18 prile nell’auditorium dell’istituto scolastico,
Il messaggio che ha voluto lanciare il pm brindisino schierato in prima linea nella notta all’ecomafia è quello di non abbassare mai la guardia e di continuare a interessare la cittadinanza a problemi riguardanti l’ambiente, poco tutelato dalla legislazione italiana. “Fate bene a occuparvi di questa materia perché l’aggressione della criminalità organizzata la percepite sulla pelle, la violenza all’ambiente non la vedete, perfora il nostro sistema senza essere vista. Aprire gli occhi di fronte a questi fenomeni è già un buon inizio”. Piacevolmente sorpreso dal tema che è stato chiamato a trattare. “Dedico tempo alle scuole e lo faccio con grande piacere perché lo considero un completamento positivo della mia attività ma sono rimasto meravigliato positivamente dal tema di oggi. Voi oggi volete che si parli di ecomafia che è un tema che solitamente crea il più totale disinteresse, solitamente gli incontri sulla legalità sono sulla criminalità organizzata, è la prima volta che mi capita di essere chiamato in una scuola a parlare di ambiente e della sua tutela”. Dopo aver fatto un quadro sulle modalità di trattamento dei reati ambientali e sulla poca importanza attribuita dal legislatore alla materia ambientale è entrato nel vivo dell’argomento spiegando quanto la magistratura italiana sia impotente davanti a certe situazioni. Ma soprattutto perché il disamore per l’ambiente parte dal basso, dagli stessi cittadini.
Un sistema che sembra blindato, un’organizzazione difficile da sgominare quella che gravita intorno ai comportamenti scorretti nei confronti dell’ambiente. “Avete seguito la vicenda di Torchiarolo? È una vicenda che ha dell’assurdo. Io non sono scienziato, non so se qui ci sono scienziati, ma andare a pensare che i superamenti di pm 10 sparsi nel tempo siano dovuti ai camini mi sembra un’affermazione che contraddice il senso della logica. Allora che cosa fare? A livello legislativo noi non possiamo fare niente. Sono stati introdotti una serie di reati la cui prova processuale è impossibile. Devono sapere tutti che queste nuove fattispecie delittuose che hanno creato sono state costruite per rendere impossibili i processi. Si faranno le indagini, si faranno i processi ma sarà impossibile arrivare a una sentenza di condanna perché i presupposti da provare sono talmente tanto scientificamente incerti che sarà in un certo senso una impresa quasi immane pensare di arrivare a una sentenza di condanna per fatti di questo genere”.
“Ora che cosa fare? Quello che stiamo facendo noi oggi: quantomeno solleticare un rigurgito di coscienza iniziando sostanzialmente dal
L’Ilva, ma voi pensate veramente che la questione dell’Ilva non fosse conosciuta agli enti preposti se non nel momento di intervento della magistratura? Tutti lo sapevamo, tutte le strutture di controllo lo sapevano e nessuno interveniva. I danni dell’Ilva non li vedrete adesso, noi abbiamo i danni visibili: le strade sporche i palazzi imbrattati, tra 15 anni vedremo le ripercussioni sul danno sanitario, le malformazioni neonatali, un’amplificazione dei concetti tumorali, poi sarà impossibile dimostrare che quel processo tumorale è ricollegabile a quell’agente patogeno in sede dibattimentale. Il problema è che quando noi parliamo di criminalità mafiosa noi abbiamo oggi gli strumenti per il contrasto e anche la mentalità. In materia di ambiente invece non abbiamo né strumenti né mentalità e quindi la lotta è molto più difficile. Anche trovando gli strumenti il problema della mentalità resta perché quando si tratta di ambiente la prima cosa che ti dicono è che bisogna tutelare il lavoro, ma il lavoro è un interesse di pari rilevanza rispetto alla salute, non mi si può dire che un’azienda deve continuare ad inquinare perché se chiude si perdono posti di lavoro. Un’azienda deve continuare a lavorare con standard di efficienza previsti dalle migliori tecniche disponibili”.
La parola poi è passata a Mario Dabicco di Libera: “Bisogna sostituire la logica dell’Io con la logica del noi, se vogliamo risolvere i problemi del territorio, del cosiddetto bene comune dobbiamo metterci insieme, un incontro come quello di staseraa deve suscitare in ciascuno di noi qualche sentimento qualche reazione qualche spinta a provare a percorrere strade nuove”.