Scu, estorsione e droga: il Comune di Brindisi chiede danni per 100mila euro
L’ente si costituirà parte civile: 13 imputati. L’ergastolano Antonio Campana e Raffaele Martena accusati di aver impartito ordini all’esterno del carcere con Whatsapp
BRINDISI – E’ pronto a presentare il conto dei danni d’immagine, per almeno centomila euro, il Comune di Brindisi, come parte lesa in occasione dell’udienza preliminare a carico di 13 brindisini accusati di aver fatto parte della Sacra Corona Unita contemporanea, attiva nel traffico di droga e nelle estorsioni. A capo del sodalizio ci sarebbero stati l’ergastolano Antonio Campana e Raffaele Martena: avrebbero avuto la disponibilità di telefonini per impartire direttive all’esterno del carcere.
Il risarcimento
L’udienza preliminare si svolgerà dinanzi al gup Simona Panzera nell’aula bunker del carcere di Lecce. I pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce hanno chiesto il processo per tutti i brindisini coinvolti nell’inchiesta tenuta a battesimo con il nome “Oltre le mura”, per indicare la capacità dei presunti capi di restare in contatto con gli affiliati anche se ristretti in cella. Gli arresti sono datati 15 maggio 2018. (Nella foto accanto Antonio Campana)
Le altri parti offese
Parti offese sono anche la Provincia di Brindisi, nella persona del presidente pro tempore, Riccardo Rossi, sindaco della città, e il Comune di Mesagne, commissariato in attesa del ritorno alle urne dopo la caduta dell’Amministrazione. Nell’elenco c’è anche il ministero dell’Interno, domiciliato presso l’avvocatura distrettuale di Lecce.
Il tentativo di fuga e i fili d’angelo nascosti nel pane
Campana, fratello del pentito Sandro e di Francesco, ritenuto a capo della frangia riconducibile a Buccarella, avrebbe progettato la fuga dal carcere di Terni nel quale era ristretto comunicando via telefono, anche con chiamate su WhatsApp con lo zio, Igino Campana, di Mesagne.
Il piano di fuga di Campana, condannato al fine pena mai per l'omicidio di Massimo Delle Grottaglie, è stato scoperto grazie alle intercettazioni telefoniche nella primavera 2018, quando Antonio Campana chiamò lo zio Igino per accordarsi sull’”introduzione di fili diamantati, i cosiddetti capelli d’angelo, per segare le sbarre”. I fili furono poi trovati nell’abitazione di Igino Campana: sarebbero stati ordinati e acquistati su un sito on line. Stando ai piani, quei capelli d’angelo dovevano essere introdotti in carcere a giugno, in occasione di una manifestazione teatrale. Dovevano essere nascosti nel pane.
Gli imputati
L’associazione di stampo mafioso
Martena e Antonio Campana, condannato al carcere a vita per l’omicidio di Massimo Delle Grottaglie, avvenuto il 16 ottobre 2001, riconducibile alle logiche di vendetta maturate in seno alla Sacra Corona Unita, sono accusati di “aver promosso, costituito, diretto e organizzato l’associazione per delinquere di stampo mafioso dall’interno della casa circondariale di Terni”. Entrambi avrebbero “dato istruzioni ai propri associati all’esterno del carcere, prevenendo l’insorgere di conflitti tra loro e intervento all’occasione per risolverli, determinando i pressi di vendita della droga, le modalità e la destinazione dei profitti”.