Scu, omicidio Presta: tre pentiti e due testimoni oculari
Sandro Campana: “Carlo Solazzo in contrasto con il fratello per la gestione della droga”. Sentiti anche Gravina e Passaseo e due testi oculari
BRINDISI – “Carlo Solazzo era un nostro affiliato e in quel periodo era in contrasto con il fratello Pietro per la gestione di alcune attività illecite, come lo spaccio di droga: ho appreso queste notizie nel periodo in cui ero ristretto in carcere”. Ha testimoniato da una località protetta, il pentito della Scu Sandro Campana, ascoltato nel processo per l’omicidio di Antonio Presta, avvenuto il 5 settembre 2012 davanti alla sala giochi di San Donaci: unico imputato è Carlo Solazzo, ritenuto il killer dalla Dda di Lecce.
I collaboratori di giustizia
I pentiti sono stati interrogati dal pm in videoconferenza da tre siti segreti, noti unicamente al sistema centrale di protezione, e hanno risposto ad alcune precisazioni sulle affiliazioni chieste dal presidente della Corte d’Assise, Domenico Cucchiara (a latere Francesco Cacucci). Nonché a richieste di chiarimenti degli avvocati Pasquale Annicchiarico, difensore dell’imputato il quale, anche questa volta, è stato presente in aula, e Francesco Maria De Giorgi, il legale che rappresenta in giudizio il padre della vittima, Gianfranco Presta.
Sia Campana, l’ultimo dei pentiti della Scu, sia gli altri due, hanno confermato quanto sostenuto nei verbali confluti nell’inchiesta chiamata Omega, partendo dalle affiliazioni alla Scu: “Carlo Solazzo era affiliato all’associazione di stampo mafioso, prima al gruppo di Monteforte, poi a quello di Campana”.
Il movente dell’omicidio
Quanto al movente, l’accusa sostiene che Presta avesse “sfidato Carlo Solazzo nel ruolo di vertice, entrando in contrasto nella gestione del traffico di sostanze stupefacenti, essendo per di più il figlio di Gianfranco, collaboratore di giustizia”.
Il fratello di Carlo, Piero, difeso dall’avvocato Stefano Prontera, è indicato come appartenente alla frangia della Scu, attiva nel narcotraffico, settore di attività contestata a Daniela Presta, la sua convivente, sorella di Antonio Presta (nella foto in basso), la prima ad aver intuito chi fosse stato l’autore dell’omicidio, stando a quanto sostenuto dai pm. Determinanti sarebbero i colloqui in carcere tra lei e il convivente, nei passaggi in cui si fa riferimento a che a quanto era avvenuto prima del fatto di sangue.
Fonti di prova: le intercettazioni
Dopo l’omicidio, stando a quanto si legge nel provvedimento di arresto, Daniela Presta si lasciò scappare di essere stata lei, assieme al fratello, ad agire per l’incendio dell’abitazione di Carlo Solazzo, il 15 agosto 2012. Pensava di non essere intercettata. Piero Solazzo, al contrario, temeva le cimici. “Tuo fratello c’entra qua dentro, ci odia a morte, sa che siamo stati noi”: lo dice Daniela Presta il 15 settembre, dieci giorni dopo l’omicidio, al suo compagno. Il 13 ottobre, sarà Pietro Solazzo a parlare di una “guerra con il fratello Carlo”, anche perché nel frattempo c’era più di qualcuno che in paese alimentava i sospetti sul coinvolgimento nel delitto: “Deve morire sparato in testa e non lo devono neanche trovare”. Carlo Solazzo, il 6 marzo 2013, confesserà di essere stato l’autore dell’omicidio, nel corso di un colloquio con uno degli indagati, Marco Pecoraro: “Quando mi vide (Antonio Presta, ndr) capì”. E Pecoraro: “Hai fatto bene, se l’è meritato”.
I testimoni oculari
In occasione dell’ultima udienza del processo sono stati ascoltati anche due testimoni oculari, rintracciati dai carabinieri subito dopo l’omicidio. Entrambi hanno riferito di aver visto arrivare una Lancia Delta di colore bianco: c’erano due uomini con il volto nascosto da passamontagna. A sparare, sarebbe stato il passeggero. Ma uno ha riferito di averlo visto scendere dall’auto, l’altro ricorda invece che quell’uomo non scese ma iniziò a sparare dal finestrino.
L’imputato, dopo gli arresti si avvalse della facoltà di non rispondere: il primo provvedimento venne seguito a dicembre 2016 e successivamente annullato dal Tribunale del Riesame per mancanza della motivazione autonoma del gip. L’imputato venne arrestato una seconda volta, lo scorso 20 settembre 2017, ed è tuttora ristretto in carcere.