Cronaca

Truffa cartellini, sospensione dal lavoro di due mesi confermata per le otto dipendenti Asl

BRINDISI – Tutte sospese. Il giudice per le indagini preliminari ha deciso. La mannaia della misura interdittiva dal lavoro colpisce anche le otto indagate fatte salve in un primo momento dalla misura cautelare dei domiciliari che il 15 novembre scorso ha colpito ventisei fra medici, infermieri e assistenti tecnici e amministrativi del distretto sanitario di via Dalmazia. Spiegare, nel corso degli interrogatori di garanzia, che le assenze non si sono mai protratte per più di qualche minuto, non è servito. Il gip ha accolto in toto la richiesta del pubblico ministero Adele Ferraro.

Il giudice Eva Toscani

BRINDISI – Tutte sospese. Il giudice per le indagini preliminari ha deciso. La mannaia della misura interdittiva dal lavoro colpisce anche le otto indagate fatte salve in un primo momento dalla misura cautelare dei domiciliari che il 15 novembre scorso ha colpito ventisei fra medici, infermieri e assistenti tecnici e amministrativi del distretto sanitario di via Dalmazia. Spiegare, nel corso degli interrogatori di garanzia, che le assenze non si sono mai protratte per più di qualche minuto, non è servito. Il gip ha accolto in toto la richiesta del pubblico ministero Adele Ferraro.

Ingresso del distretto sanitario chiuso per i prossimi sessanta giorni per le dipendenti Domenica Guarino (difesa dagli avvocati Carlo e Alfonso Tatarano) 51 anni, assistente amministrativo, di Francavilla Fontana, Natalizia Martina, 53 anni, tecnico di radiologia, di Ostuni, Vincenza Coralba Buonfrate, 40 anni, tecnico di radiologia, di San Donaci, Antonella Trapani, 45 anni, assistente amministrativo, di Brindisi (avvocato Vincenzo Farina), Maria Lucia Moccia, 50 anni, infermiera, di Brindisi, Maria Schina, 36 anni, infermiera, di Brindisi, Loredana Comunale, 59 anni, fisioterapista presso il distretto, di Mesagne (difesa dall’avvocato Massimo Manfreda), e Lucia Padula, 43 anni, tecnico di radiologia, di Mesagne (avvocato Giancarlo Camassa).

Top secret, per il momento, le ragioni che hanno indotto la decisione del giudice per le indagini preliminari. Il provvedimento del gip, in ogni caso, pareggia il conto delle conseguenze fra questi e quelli, se è vero come è vero che per Liliana Leone, uno dei medici finiti ai domiciliari all’alba del blitz, sui quali grava il carico pesante dell’impianto accusatorio, il Riesame ha disposto la revoca dei domiciliari e la sospensione dal lavoro, per altrettanto tempo: due mesi. Idem per l’infermiera Anna Rita Greco, 39 anni, di Brindisi (avvocato Gianluca Palazzo), ritornata in libertà su provvedimento del Riesame. La misura cautelare, anche in questo caso, è stata sostituita con quella della sospensione dal lavoro.

L’accusa, per tutti, è di truffa aggravata in concorso al sistema sanitario nazionale. Ma con sfumature diverse fra i ventisei finiti ai domiciliari, le otto dipendenti colpite dalla misura interdittiva e i 39 indagati a piede libero, per un totale di 69 iscritti nel fascicolo del pubblico ministero. Medici e compagni facevano infatti timbrare i cartellini ai colleghi, alle donne delle pulizie o a persone del tutto estranee alla struttura ospedaliera, per poi assentarsi dedicandosi allo shopping, al fitness e persino, in qualche caso, per andare a lavorare nei propri studi privati.

Le otto dipendenti invece, hanno fornito ampie e dettagliante circostanze attenuanti per giustificare la propria condotta. Nel corso degli interrogatori di garanzia, fatta eccezione per Guarino e Martina, che hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, il resto delle indagate ha optato per la via della collaborazione. Quasi tutte hanno dichiarato d’essere colpevoli sì, ma di una sorta di assenteismo al contrario. Nella pausa tra il lavoro mattutino e quello pomeridiano invece di uscire, hanno sottolineato, restavano a consumare un pasto frugale in ufficio: violando la legge.

Le dipendenti insomma, secondo la versione fornita al gip Eva Toscani, timbravano il cartellino in uscita e in entrata, ma in realtà restavano in ufficio. Tranne le due indagate che si sono avvalse della possibilità concessa dalla legge di non rispondere, tutte le altre hanno ammesso di essere entrate, a volte, con qualche minuto di ritardo, o di aver timbrato per qualche collega che si era attardato nel parcheggiare l’auto, giunto sul posto di lavoro entro pochi minuti. Argomentazioni che non hanno convinto il magistrato, che ha inflitto a tutte la misura interdittiva.


Allegati

Si parla di