Eventi

A palazzo Nervegna le opere di Anna Cirignola

Non chiamateli collage. Stratificazioni, costruzioni, ancor meglio composizioni, ma collage proprio no! Le opere che Luigi Manca presenta a Brindisi presso il palazzo Granafei-Nervegna, una mostra curata da Anna Cirignola il 13 Dicembre fino al 31  gennaio 2016. Sono piccoli teleri generati dall’accurata combinazione di lacerti cartacei preventivamente preparati. Presenti i colori, il più delle volte espressi in monocromia, mancano le pennellate, sostituite da frammenti giustapposti in vere e proprie velature.

Simili a sindoni mostrano i segni dell’esistenza, divenendo testimonianze di un vissuto collettivo, di una condivisa difficoltà del vivere quotidiano. Come i sacchi di Burri, divengono emblemi dell’esperienza umana, segni sopravvissuti della condizione umana. Nessuna disperazione però trapela dalle sue opere, ma solo una presa di coscienza in una quieta trascrizione. Ogni dramma è infatti placato dalla costante ricerca del bello, maturata nel corso di una ventennale presenza nel mondo del design e della moda. 

Salentino di nascita ma cittadino del mondo, Manca è peregrino per vocazione ed esteta per formazione. Dopo una breve permanenza a Firenze, ha viaggiato ininterrottamente, da Berlino a New York, da Parigi ad Atene, conoscendo luoghi, persone e attività e lasciandosi plasmare da ogni incontro e da plurime suggestioni. Fotografo, arredatore, stylist, modello, designer, gallerista e infine artista, attività quest’ultima avvertita non come alternativa ma come naturale approdo. Una personalità poliedrica, forgiata da spirito d’intraprendenza e autentica capacità visionaria.

Sono circa 30 i lavori in mostra a Brindisi, ma è soprattutto la tecnica a conquistare. Un modus operandi non comune, che tradisce il materiale trasformandolo in altro da sé. La carta non più mero supporto, pagina bianca da coprire e riempire, diventa protagonista, manipolata ed esposta in primo piano fino a mostrarne potenzialità espressive e carico emozionale. Si resta esterrefatti quando, approcciandosi ai quadri, si rivela il fascinoso inganno: composizioni informali, energiche e gestuali per definizione e che generano un senso di misurato misticismo sono create con tecnica accurata, elegante in ogni sua apparente irruenza.

Ragionate bruciature e misurati inserti organici, evidentemente scelti per valenza materiale ed estetica, contribuiscono al fascino della visione.
A terra o sulle pareti, i lavori di Manca si ergono ad archetipi di esistenza, simulacri di una vita vissuta di cui portano il carico e i segni. Carte come tappeti, arazzi, libri, dipinti, ma sempre generate da accumuli emotivi e memoriali.

Nel suo operare l’artista asseconda il principio di necessità interiore di kandinskiana memoria con fare materico più che razionale, mostrandosi attento alle intrinseche qualità del materiale cartaceo, di cui ha imparato a rivelarne attitudini estetiche e valenze semantiche. Una reazione alla tradizionale tecnica della cartapesta che molti capolavori ha regalato al Salento ma che, al pari dell’onnipresente barocco, tende a raggelarne la visione in forme ripetibili e stereotipate. A differenza del maestro cartapestaio, Manca decompone la carta, la strappa, la brucia, la ferisce, mostrandone trasparenze, fessure, lacerazioni in una rappresentazione emozionale ancor prima che estetica.


Si parla di