“Non sono un deputato traditore”: e Matarrelli querela l’Espresso
"Deputato traditore". Non l'ha proprio mandato giù l'abbinamento tra i due termini usati da L'Espresso, l'onorevole Antonio Matarrelli, ormai ex Sel da quando è approdato nel Gruppo Misto alla Camera. Quel tandem è stato talmente indigesto che, alla fine, il deputato partito da Mesagne ha deciso di sporgere querela
BRINDISI – “Deputato traditore”. Non l’ha proprio mandato giù l’abbinamento tra i due termini usati da L‘Espresso, l’onorevole Antonio Matarrelli, ormai ex Sel da quando è approdato nel Gruppo Misto alla Camera. Quel tandem è stato talmente indigesto che, alla fine, il deputato partito da Mesagne ha deciso di sporgere querela nei confronti del cronista autore dell’articolo e del direttore responsabile della testata.
Avrà anche contato sino a dieci o forse più, nel tentativo di smaltire la rabbia schizzata al massimo di fronte al testo, pubblicato on line, ma niente da fare. Matarrelli proprio non ce l’ha fatta a “tenersela”. E qualche giorno fa, l’articolo è finito in Procura, a Brindisi, consegnato dall’avvocato Rolando Manuel Marchionna, come allegato alla querela.
Adesso tutto è rimesso alle valutazioni del sostituto al quale sarà assegnato il caso. Con la conseguenza che l’autore dello scritto e il direttore de L’Espresso, Luigi Vicinanza, corrono il rischio di affrontare un processo qualora il pubblico ministero ritenga che la lamentela del deputato sia fondata e il giudice per l’udienza preliminare sostenga che gli estremi per affrontare il dibattimento ci siano tutti, codice penale alla mano.
Inaccettabile essere definito un “traditore”, per di più nel titolo e con foto in abbinamento, fermo restando la libertà di stampa, con annesso diritto all’informazione su quanto era avvenuto nel Transatlantico di Roma dove, in occasione della votazione sulla nuova legge elettorale – tenuta a battesimo con il nome di Italicum – il deputato ha deciso di seguire la strada tracciata dal presidente del Consiglio dei Ministri, nonché numero uno del Pd, Matteo Renzi. Andando di fatto nella direzione opposta rispetto a quella indicata da Sinistra ecologia e libertà, il movimento creato da Nichi Vendola, il governatore della Puglia uscente, realtà a cui Matarrelli ha aderito sino a raggiungere il Parlamento.
Basta dare un’occhiata al suo profilo Facebook per leggere quelle motivazioni, pubblicate sotto forma di “post” lo scorso 27 aprile, dopo che Renzi annunciava la volontà di porre la fiducia sul testo della legge. Ventiquattro ore più tardi, on line è apparso l’articolo.
Matarrelli l’ha letto e riletto sino a decidere di rivolgersi al suo avvocato di fiducia per procedere sul piano penale, anche se nella querela il legale non parla espressamente di diffamazione a mezzo stampa, fattispecie di reato con quale sono costretti a fare i conti i giornalisti: non c’è, infatti, alcun riferimento all’articolo 595 del codice penale e alla lesione dell’altrui reputazione. C’è invece l’affermazione di una legittima decisione del parlamentare di transitare nel gruppo Misto alla Camera e la rivendicazione della correttezza di tale condotta, con espresso riferimento alla Carta Costituzionale, articolo 67.
“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le funzioni senza vincolo di mandato”, recita il dettato costituzionale che tra l’altro è il risultato di una genesi strettamente legata alla storia del Paese. Ma non è questo il punto. Il fatto è che Matarrelli (tramite il suo avvocato) ricorda a tutti, giornalisti e non, che i parlamentari sono liberi, liberissimi di esercitare le loro funzioni senza per questo essere obbligati a votare come stabilito dal partito. Il legame tra eletto e partito c’è e va inteso unicamente come responsabilità di natura politica, non invece nella forma del mandato imperativo. Che, come è noto, è assolutamente vietato. Del resto, in tal senso, ci sono anche pronunce della Corte costituzionale.
Non è servito a placare l’animo del deputato neppure l’uso delle virgolette a cui i giornalisti ricorrono quando prendono in prestito un termine e lo usano non nel significato stretto, ma in maniera più elastica. Il testo dell’articolo ha fatto il resto, quanto a rabbia dell’onorevole: qui, per raccontare la vicenda, si parla del deputato che avrebbe sferrato una “pugnalata alle spalle ai suoi compagni di partito”. Troppo per lasciar correre e permettere che on line si continuasse a leggere quelle parole.
Non sarebbe stato ritenuto appropriato il linguaggio, non sarebbe stato “continente” come sostiene la Cassazione nella sentenza cosiddetta decalogo per i giornalisti, unico scudo che i cronisti hanno a disposizione per superare indenni le querele e rispedire le richieste di risarcimento danni, spesso ingenti. Nulla da dire, invece, sui fatti. La storia quella è e amen. Ma i termini sono stati definito dal legale come subdoli e allusivi, tali da suggestionare il lettore, con il risultato che l’immagine di Matarrelli, sarebbe stata lesa. Tutto avrebbe accettato l’onorevole, ma non quella parola. Niente affatto traditore.