Settant'anni di libertà: di quali cittadini ha oggi bisogno l'Italia
Malgrado l’età faccio parte di una generazione nata dopo che l’Italia fu liberata. Nelle nostre regioni del Sud e soprattutto nelle città il clima politico prevalente nei nostri anni giovanili era di destra o almeno talmente moderato da essere indifferente alla celebrazione di date come il 25 aprile. Tuttavia ricordo l’emozione di quell’anniversario
Malgrado l’età faccio parte di una generazione nata dopo che l’Italia fu liberata. Nelle nostre regioni del Sud e soprattutto nelle città il clima politico prevalente nei nostri anni giovanili era di destra o almeno talmente moderato da essere indifferente alla celebrazione di date come il 25 aprile. Tuttavia ricordo l’emozione di quell’anniversario. Pochi o tanti che fossimo, legati al Pci, o al Psi, e momentaneamente staccati dai grandi partiti sentivamo il 25 aprile come festa nostra, più del 1 maggio, più del 2 giugno. La formazione della coscienza giovanile di intere generazioni era dominata dall’ipoteca felicemente antifascista.
Nel Sud, e ancora una volta soprattutto nelle città, il ‘68 fu, poi, veramente “rivoluzionario” perché cambiò il modo di vivere e soprattutto i rapporti nelle famiglie e nelle scuole cosa che ci fece sentire come fossimo i “nuovi liberatori”. Negli anni successivi ci trovammo, inoltre, ad affrontare, e non lo facemmo a mani nude, l’attacco dei movimenti giovanili di estrema destra. Il 25 aprile, in qualche modo, era così diventato anche nostro, parte della nostra esperienza civile e politica.
Parlo di revisionismo a proposito di quell’atteggiamento culturale teso a negare le differenze, a far sbiadire i colori, disconoscendo così sia le nostre ragioni sia quelle dei nostri avversari. Quindi Resistenza svalutata (hanno fatto tutto gli americani, i partigiani erano quattro gatti, peraltro spesso assassini di innocenti fascisti), fine dello scontro destra-sinistra, trasversalismo a go-go.
L’Italia oggi non ha bisogno di “nuovi partigiani”, ha bisogno di cittadini fieri della storia del proprio paese e di quella repubblicana ma soprattutto di cittadini liberi e amanti della tolleranza , di cittadini più solidali. In fondo il sogno resistenziale, al netto delle diverse opzioni ideologiche, era quello di costruire un’Italia migliore e questo sogno ormai è spesso sostituito da incubi. Il peggiore è la rinascita di un nuovo e vero partito fascista. Per anni abbiamo avuto paura di Fini e delle sue nostalgie. Ora abbiamo di fronte Salvini, il peggiore di tutti.